venerdì 22 aprile 2022

Recensione per "Nel nero degli abissi" di François Morlupi

 Tornano i cinque di Monteverde in un nuovo episodio!



Il grande parco di villa Pamphili, a due passi dal Vaticano e da Monteverde, ha due volti molto diversi: di giorno è un giardino che accoglie bambini, anziani e sportivi; di notte si trasforma in un rifugio abusivo per senzatetto, drogati e prostitute. All'alba di una gelida mattina di gennaio, una di loro viene trovata senza vita, brutalmente uccisa con un'arma da taglio. Era italiana, aveva poco più di vent'anni, era una ragazza sola, si vendeva per pagarsi l'università. L'omicidio sconvolge il commissario Ansaldi e i suoi agenti, perché apre uno squarcio di disperazione nella tranquilla routine del loro quartiere. In più, arriva proprio nel momento peggiore, a due settimane da un importante vertice politico tra i principali capi di Stato europei, con gli occhi del mondo puntati sulla capitale. Che ci sia o no un legame tra i due eventi, per il commissario è appena iniziata una terribile corsa contro il tempo.

Recensione:

E’ un inizio che comincia dalla fine, con un inseguimento a fiato corto, un Ansaldi che sta per perdere le coronarie e una Eugénie indecisa.

Un bel quadro, insolito oserei dire.

Come in un film si torna indietro, si riavvolge il nastro e si rientra a Monteverde, ai nostri eroi in divisa, alle prese con i risultati delle partite di calcio, i problemi familiari e i panini lasciati a metà, che devono fare in modo che un evento politico e internazionale, si svolga a Roma nel modo più tranquillo possibile.

E questa è anche la più grande aspirazione di Ansaldi, affinché le preoccupazioni non acutizzino le sue proverbiali ansie e che possa evitare di finire nel mirino del nuovo ministro dell’Interno (ricordiamoci l’episodio del libro precedente).

Ma l’omicidio di Villa Pamphili manda tutto in malora, alla stregua di una bomba lanciata in piazza di Spagna, lasciando perplessi e sconvolti la stessa squadra, che si vedrà coinvolta a indagare su un rompicapo che porterà a crescere il numero delle vittime.

Niente è come sembra, nessun collegamento utile per trovare l’assassino che si rivelerà essere una sorta di serial killer che segue uno schema che sfugge completamente a ogni logica razionale.

Vediamo per la prima volta i cinque attoniti, impotenti di fronte a qualcosa di così poco ordinario, da farli dubitare delle loro capacità, sotto la pressione dei superiori che vogliono ad ogni costo chiudere l’indagine per evitare clamore.

I cinque che abbiamo conosciuto finora iniziano a cambiare, a prendere una forma consistente, si inizia a scendere di più nella loro vita privata, creando una sorta di mini episodi per ognuno di loro. La quotidianità ci fa diventare reali i personaggi, avvicinandoli o allontanandoli da ciò che sapevamo, facendoci sentire affini o sorgere delle perplessità.

Dopo questo momento, nulla è come prima.

Anche la stessa città di Roma si apre a noi in modo diverso, meno poetica, più cupa e misteriosa. La narrazione cambia, pur sempre ironica nei suoi aneddoti, ma ce la rende una città dove il crimine è presente, reale, anche se lo si vuol trattare come la polvere da nascondere sotto il tappeto, giusto per dare al mondo la sensazione di avere tutto sotto controllo.

Ma il controllo sfugge, non si può controllare tutto, soprattutto le persone, i loro sentimenti e la loro dignità, in special modo le vittime, a cui i nostri protagonisti, restituiscono la loro integrità.

La narrazione dell’autore è sempre più piacevole e ricca di sfumature in cui immedesimarsi, dai rimandi a citazioni culturali a modi di dire prettamente locali. E’ scorrevole, con un ritmo incalzante, non si perde in ghirigori, ma arricchisce di passaggi divertenti, anche se non perde di vista né la serietà del genere, né il punto di vista del lettore.

Ansaldi ci diventa caro, con le sue manie e le sue fragilità, lo si ama, lo si rispetta per la sua umanità e per la dolcezza con cui si rapporta col suo fedele amico a quattro zampe Chagall; per la tenacia con cui supporta Eugénie e smorza l’ambizione di Alerami, per la difesa verso i suoi Ringo boys, per la pacatezza con cui si rapporta con i superiori (se non contiamo le call on line).

E non dimentichiamo il suo immenso amore per l’arte, con cui l’autore arricchisce le scene, i dialoghi, passando dalla letteratura alla pittura, facendoci dimenticare le sue improponibile scarpe gialle e la sua ipocondria.

Sta in questo l’originalità del libro, ossia proporre personaggi così ‘normali’ nella loro diversità, collocarli in un contesto quotidiano e far ritagliare loro uno spazio personale, proporre le proprie bizzarrie ed entrare nel cuore del lettore, portarlo a spasso per una città, farlo entrare nell’intimità della propria vita, ma senza intrusione, come fosse di casa e non renderlo orfano a fine libro, come succede altrove. No, Morlupi tratta il lettore al pari di un ospite atteso, lo porta nel suo mondo, lo rende partecipe e alla fine lo saluta. Certo, in maniera a volte amara, a volte sorprendente, soprattutto quando, come in questo caso, si scende nell’abisso più scuro, più buio, più nero, ma fa intravvedere una sorta di ritorno, come un andare oltre le apparenze, le paure, le speranze.

Vi lascio alla lettura, augurandovi un buon nuovo viaggio e ringraziando l’autore e la Salani Editori per avermi permesso di vivere quest’avventura dalle sfumature noir in modo così intenso.






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