Un furgoncino azzurro, una tavola da surf caricata sul tetto, un ragazzo biondo e un cane esuberante. L’incontro tra Camilla Cipriani ed Evan Cornell avviene così, un pomeriggio di fine luglio, sulla spiaggia ventosa di Nazaré, in Portogallo.
Lei studia Giurisprudenza a Bologna, è cresciuta senza scossoni, ha paura di tutto e cerca di pianificare ogni aspetto della sua vita, lui è americano, ascolta vecchie canzoni, legge poesie e viaggia per l’Europa con una videocamera.
Una diffidenza iniziale, la voglia di libertà e un viaggio che cambierà le loro vite.
Da Lisbona a Bilbao, da Madrid a Cadice, da Barcellona alla Camargue fino all’Italia.
Percorsi struggenti in spiagge a perdita d’occhio, tra onde roboanti, barrios antichi, dimore arabeggianti, distese di lavanda e villaggi sperduti nell’afa estiva.
Un bilancio di memorie che parla di gioia e di bellezza.
Ma se la realtà irrompe senza riguardo, un sentimento appena sbocciato può uscirne a pezzi.
Evan è impulsivo, figlio di un orgoglio che lo ha sempre messo nei guai. E Camilla ha imparato che affezionarsi può far male.
Nei silenzi ostinati tutto sembra perduto.
Eppure qualcosa è cambiato.
Nell’ora dorata di un pomeriggio d’estate la vita si è svelata insieme all’amore.
Un piccolo istante di felicità, lieve come un respiro. Eppure tenace. Più del destino.
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Se non siete abituati ai libri di Vera Demes... be', consiglierei di leggerli con calma, con i cinque sensi ricettivi perché siete di fronte a una vera sollecitazione sensoriale.
Non siete di fronte ai soliti romanzi, a quelle storie tutte uguali che parlano di amore e sesso come fossero un vento leggero, ma una marea che ti sommerge con dolcezza, consapevolezza, che ti entra nell'anima e non se ne vuole più andare.
Anche questo libro è un viaggio, non solo quello di Camilla o di Evan, alla ricerca di loro stessi e del loro posto nel mondo, ma nella consapevolezza, nel desiderio di libertà, ma soprattutto di affermazione. Alla fine del libro si ritorna più maturi, più profondi, ma soprattutto più 'densi', come vestiti di un nuovo 'te stesso' e con un sorriso che sa di saggezza.
Ma veniamo alla storia, che non deve essere raccontata, ma vissuta, come dicevo, perché non c'è nulla che si può aggiungere alle voci dei protagonisti e anche dei comprimari, che nei loro dialoghi e nei loro silenzi, raccontano quanto sia visibile solo una piccola parte di se stessi, come il mostrato al mondo sia solo la punta di un iceberg enorme, mentre nella parte sommersa si nascondono emozioni e ferite sottopelle.
Camilla è giovane, una ragazzina potremmo dire visti i canoni odierni, una studentessa che si imbatte - o per meglio dire 'sbatte' - contro il muro egoista delle amicizie, che prova sulla sua pelle cosa significa essere abbandonati e abusati, fino a perdere completamente speranza nel genere umano.
La flebile luce della speranza non la trova in una persona, no. La trova negli occhi vecchi e stanchi di un cane molosso, salvato da Evan su una spiaggia abbandonata. Un cane che ha la consapevolezza che della vecchia vita bisogna salvare qualcosa, non tutto, ma quello che ti ha lasciato dentro quella luce, ma soprattutto, sperare in colui che, silenzioso, è lì nei momenti bui, che non ti fa sentire inadeguata, non ti giudica. Che sia vestito da gran signore o guidi uno scassatissimo furgone azzurro senza alcuna comodità, non fa differenza. La vera differenza la fanno la sua voce stonata sulle note di vecchie canzoni, i suoi silenzi mentre legge poesie dimenticate, quelle carezze date con l'anima nei momenti in cui non ti accorgi di essere osservato.
E' nei silenzi di Evan la vera felicità, quella densa che ti avvolge l'anima, che ti fa sentire un granello della sabbia sconfinata dell'oceano, che sia bagnata o asciutta, ma che vale come oro. Un giovane senza progetti, che si è preso un anno di vita per riflettere su ciò che è e cosa - forse - vorrà o potrà essere.
La dolcezza di un abbraccio è descritta con tale intensità da far quasi arrossire il lettore per essere parte di quell'intimità, come se profanasse il tempio sacro più inaccessibile.
La bellezza dei paesaggi, il rumore dell'oceano, quelle immagini fissate tramite l'obiettivo di una videocamera, anche quando si sfidano onde altissime, fanno fremere chi legge perché la descrizione è così veritiera, così palpabile da lasciarti provato.
Come dicevo non si tratta di leggere un libro, no, ma di fare un viaggio. Con gli occhi, con la mente, con l'anima, col cuore.
E sono sicura che la meta non è importante, quanto il ritorno che vi lascerà consapevoli e con un sorriso che farete fatica a dimenticare.
La narrazione è dolce, dettagliata, paesaggistica, scorrevole, come i dialoghi lenti e approfonditi, tipici di giovani che non hanno ancora la malizia o la falsità di chi è stato toccato dalla vita e di questo non possiamo che ringraziare l'autrice di aver voluto dedicare il suo tempo a scrivere una così rara perla di narrativa.
Grazie Vera!
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