Lettori fissi

martedì 21 dicembre 2021

Intervista a Fabio Monteduro

 


Per prima cosa, parlaci di te

Poco da dire… romano, classe ’63. Autore di romanzi thriller/horror o che comunque contemplano il mistero, la risoluzione dei quali è il motore che muove la fantasia di ognuno di noi. Anzi, diciamo dei più fortunati.

 

Ciò che scrivi rispecchia ciò che leggi? Parlacene.

Assolutamente sì. Sono monomaniaco in questo senso. Leggo/vedo soprattutto libri/film/serie TV dove il mistero, la paura sono dominanti. Ma niente splatter, quello non lo considero nemmeno horror.

 



Qual è l’elemento che non manca mai nei tuoi scritti?

Facile e già detto nelle risposte precedenti. Se non crea quel filo di angoscia, quella cappa di paura, allora non può essere un mio romanzo.

 

Come immagini i dialoghi?

Come si dice… modestie a parte… ecco, diciamo che, almeno da quello che dicono tutti i miei lettori, i dialoghi solo la parte migliore di quello che scrivo. Il motivo è semplice, riesco, probabilmente per una capacità innata, a far “parlare” i miei personaggi tutti nel loro modo personale, al punto che spesso non ci sarebbe nemmeno bisogno del “disse…” perché si capirebbe comunque quale dei miei personaggi sta “parlando”.

 



Ami lunghe descrizioni ambientali o sei molto conciso?

Una volta, una persona che recensì un mio romanzo (non ricordo quale) scrisse: “Monteduro va dritto al punto, senza inutili peripezie dialettiche e senza che nemmeno ci sia bisogno di descriverci i personaggi o i luoghi dove interagiscono. A lui bastano poche precise “pennellate” e ciò che leggi fa in modo che tu immagini da solo tutto ciò che occorre”. Insomma, una sorta di interattività con il lettore e, forse, è per questo che il mio modo di scrivere viene definito “cinematografico”.

 

Quali sono le fonti d’ispirazioni di cui ti servi quando scrivi?

Spesso, purtroppo, la realtà. E dico purtroppo considerando il genere che scrivo e pubblico ormai da anni. Basta poco, una notizia al telegiornale, una conversazione presa al volo in un bar… in effetti, non ci vuole molto perché io entri in una sorte di limbo in cui si crea la storia che scriverò.

 



Esperienze reali o frutto dell’immaginazione?

Come ho detto, spesso esperienze reali, che poi ovviamente, vengono romanzate. Ma nei miei romanzi, la maggiore parte dei fatti… paranormali, se così vogliamo chiamarli, sono cose accadute a me o a persone di cui mi fido ciecamente.

 

Quali sono gli argomenti principali di cui si parla nei tuoi libri?

La paura… il mistero… ma in fondo la realtà della vita. I miei libri sono quasi tutti ambientati in Italia (qualcuno ha detto: scrivi di ciò che sai) e in tutti c’è il tentativo (spero riuscito) di dare profondità… una vita, quanto più reale possibile, hai personaggi. Quindi anche con un passato che spieghi il loro modi di agire e comportarsi. Alla fin fine, tutti noi non siamo altro che la somma delle nostre esperienze

 



Quando inizi un nuovo libro hai già in mente tutta la storia o la elabori ‘strada facendo’?

Parto da una fine e sviluppo il resto… oppure mi viene in mente quello che potrebbe essere un grande inizio di storia e poi il restò viene da se. Faccio un esempio per meglio capirci: il mio romanzo AIRAM, La sindrome della bambola di legno, è tratto da un fatto di cronaca nera realmente accaduto in Francia nel 2009. Ma quel fatto, quella notizia che ha scatenato tutto il resto, in realtà lo si trova solo alla fine del romanzo.

 

Hai presentato i tuoi libri in fiere, mostre, firma copie? Com’è stata l’esperienza?

E’ sempre bello confrontarsi con i lettori. E’ bello vedere la gente che si ferma e vuole parlare con te, del tuo lavoro. Vuole la tua firma sul libro e vuole scambiare quattro chiacchiere con te… diciamo che è una delle parti più simpatiche del fare lo scrittore.

 


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