Per prima cosa, parlaci di te
Poco da dire… romano, classe ’63. Autore di
romanzi thriller/horror o che comunque contemplano il mistero, la risoluzione
dei quali è il motore che muove la fantasia di ognuno di noi. Anzi, diciamo dei
più fortunati.
Ciò
che scrivi rispecchia ciò che leggi? Parlacene.
Assolutamente sì. Sono monomaniaco in questo
senso. Leggo/vedo soprattutto libri/film/serie TV dove il mistero, la paura
sono dominanti. Ma niente splatter, quello non lo considero nemmeno horror.
Qual
è l’elemento che non manca mai nei tuoi scritti?
Facile e già detto nelle risposte precedenti. Se
non crea quel filo di angoscia, quella cappa di paura, allora non può essere un
mio romanzo.
Come
immagini i dialoghi?
Come si dice… modestie a parte… ecco, diciamo che,
almeno da quello che dicono tutti i miei lettori, i dialoghi solo la parte
migliore di quello che scrivo. Il motivo è semplice, riesco, probabilmente per
una capacità innata, a far “parlare” i miei personaggi tutti nel loro modo
personale, al punto che spesso non ci sarebbe nemmeno bisogno del “disse…”
perché si capirebbe comunque quale dei miei personaggi sta “parlando”.
Ami
lunghe descrizioni ambientali o sei molto conciso?
Una volta, una persona che recensì un mio romanzo
(non ricordo quale) scrisse: “Monteduro va dritto al punto, senza inutili
peripezie dialettiche e senza che nemmeno ci sia bisogno di descriverci i
personaggi o i luoghi dove interagiscono. A lui bastano poche precise
“pennellate” e ciò che leggi fa in modo che tu immagini da solo tutto ciò che
occorre”. Insomma, una sorta di interattività con il lettore e, forse, è per
questo che il mio modo di scrivere viene definito “cinematografico”.
Quali
sono le fonti d’ispirazioni di cui ti servi quando scrivi?
Spesso, purtroppo, la realtà. E dico purtroppo
considerando il genere che scrivo e pubblico ormai da anni. Basta poco, una
notizia al telegiornale, una conversazione presa al volo in un bar… in effetti,
non ci vuole molto perché io entri in una sorte di limbo in cui si crea la
storia che scriverò.
Esperienze
reali o frutto dell’immaginazione?
Come ho detto, spesso esperienze reali, che poi
ovviamente, vengono romanzate. Ma nei miei romanzi, la maggiore parte dei
fatti… paranormali, se così vogliamo chiamarli, sono cose accadute a me o a
persone di cui mi fido ciecamente.
Quali
sono gli argomenti principali di cui si parla nei tuoi libri?
La paura… il mistero… ma in fondo la realtà della
vita. I miei libri sono quasi tutti ambientati in Italia (qualcuno ha detto:
scrivi di ciò che sai) e in tutti c’è il tentativo (spero riuscito) di dare
profondità… una vita, quanto più reale possibile, hai personaggi. Quindi anche
con un passato che spieghi il loro modi di agire e comportarsi. Alla fin fine,
tutti noi non siamo altro che la somma delle nostre esperienze
Quando
inizi un nuovo libro hai già in mente tutta la storia o la elabori ‘strada
facendo’?
Parto da una fine e sviluppo il resto… oppure mi
viene in mente quello che potrebbe essere un grande inizio di storia e poi il
restò viene da se. Faccio un esempio per meglio capirci: il mio romanzo AIRAM,
La sindrome della bambola di legno, è tratto da un fatto di cronaca nera
realmente accaduto in Francia nel 2009. Ma quel fatto, quella notizia che ha
scatenato tutto il resto, in realtà lo si trova solo alla fine del romanzo.
Hai
presentato i tuoi libri in fiere, mostre, firma copie? Com’è stata l’esperienza?
E’ sempre bello confrontarsi con i lettori. E’
bello vedere la gente che si ferma e vuole parlare con te, del tuo lavoro.
Vuole la tua firma sul libro e vuole scambiare quattro chiacchiere con te…
diciamo che è una delle parti più simpatiche del fare lo scrittore.
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