Per prima
cosa, parlaci di te (breve descrizione)
Sono una
persona che ci ha messo 30 anni ad aprire quel cassetto pieno di sogni. Ma la
vita è così, ti offre la capacità di veleggiare tra le parole, ma poi ti
obbliga a scegliere strade da cui possa scaturire il guadagno vero che ti
permette di sopravvivere. E alla fine arrivi a seguire il sogno di bambina solo
quando hai una sicurezza economica alle spalle e la famiglia che riesce a stare
sulle sue gambe anche se ti prendi qualche ora al giorno per scrivere. La mia
strada è stata quella della Medicina Veterinaria, infiocchettata di una serie
di hobbies che hanno completato le mille sfaccettature della mia personalità,
le arti marziali, la danza, la sartoria teatrale, gioco di ruolo e da un marito
e un figlio che costruiscono il futuro insieme a me. Alla fine non c’è miglior
detto che quello della nonna: impara l’arte e mettila da parte. Tutto, prima o
poi, serve a un autore.
Scrivere,
perché?
Si scrive per
sé stessi, per dare forma al proprio universo interiore, a quelle idee che
premono contro il diaframma della coscienza per venire alla luce. E si scrive
per il pubblico, per offrire ai lettori le medesime emozioni che proviamo noi
scrivendo e vivendo lo snodarsi della trama nel meraviglioso e tormentato
processo creativo. Scriviamo per capire noi stessi e le nostre reazioni, per
suggerire nuove idee, nuovi punti di vista, nuovi sprazzi di saggezza,
sentimento e percezione. Non c’è stato un solo libro che non mi abbia lasciato
qualche frase come epitaffio o qualche suggestione incisa a fuoco nell’anima.
E, scrivendo, spero anche io di lasciare simili eredità a chi leggerà i miei
romanzi. Qualche anno fa, parlando con una libraia, mi sentii chiedere: “Ma c’è
davvero bisogno di un altro libro?” Sulle prime ci rimasi male, perché la presi
come un attacco personale. Chi sono io per meritare un posto accanto a Dante o
Eco o King? Poi ci pensai e provai a capirla e a dare una risposta che non
suonasse come una parolaccia. Ebbene sì. C’è bisogno di un altro libro, di un
altro sogno ben scritto, curato, coerente ed emozionante. C’è bisogno di cadere
nell’abisso di un autore per trovare nuovi punti di vista sul mondo, conoscere
il suo vissuto che trasuda dalle pagine scritte. C’è bisogno di cultura, di
diffondere il piacere della lettura, di un viaggio lungo una vita intera.
Usi
sottofondi musicali mentre scrivi?
La stimolazione
sensoriale è imprescindibile quando creo. Potrei scrivere anche sospesa su una
gru, ma sarei troppo impegnata a combattere il terrore da vertigini, quindi le
migliori “pièces” vengono fuori quando posso restare in un luogo tranquillo e
sfruttare la musica adatta a ciò che sto per scrivere, ma anche profumi, gusti,
sensazioni tattili. Tutto concorre a creare il giusto stimolo e a calare nel
pieno della composizione attraverso suggestioni sinestesiche che facciano
sgorgare parole, frasi, paragrafi e interi capitoli con maggiore velocità,
incisività e fluidità.
Storie vere
o con connotazioni fantasy?
Il mio genere
primario è il fantasy storico. Quindi parto da storie vere in cui armonizzo l’urban
fantasy di un universo da me già elaborato in ogni dettaglio e che, in ogni
libro, emerge un tassello alla volta a beneficio del lettore che, man mano,
scopre una nuova teoria sull’origine del mondo, dell’universo e della
religione. E’ sicuramente un lavoro titanico, perché oltre a dover scrivere una
trama, devo anche compiere ricerche storiche per rappresentare in maniera più
vicina possibile alla perfezione, un periodo storico, un personaggio o un
luogo, esattamente com’erano. Ma trovo che ci siano così tante storie nel
nostro passato e voci perdute che meritano di tornare a essere udite. Mi piace
farmi ispirare dal mondo stesso e dalle sue leggende, trovare piccole chicche
quasi dimenticate o poco conosciute per dare loro nuova vita, e nuova visibilità.
Mi piace viaggiare indietro nel tempo e scoprire come una storia vecchia di
duecento o mille anni possa aver ancora qualcosa da raccontare. Mi piace
offrire nuove chiavi di lettura ad antichi misteri irrisolti, omicidi mai
chiariti o, comunque, andare dietro le quinte della storia alla scoperta della
psicologia e dei perché dei personaggi storici. Le loro scelte. Le loro vite.
Gli errori e le vittorie.
Quando inizi
un nuovo libro hai già in mente tutta la storia o la elabori ‘strada facendo’?
Ho in mente il
canovaccio principale. Da dove parto, dove arrivo e i passi fondamentali nel
mezzo. Poi lascio che il flusso di coscienza porti a galla la storia man mano
che i personaggi la declamano. Può capitare che, per seguire esattamente la
psicologia di un personaggio, la storia prenda svolte impreviste ed è anche il
misurarmi con la coerenza dei miei figliocci di carta e inchiostro, che mi
rende felice. A volte guardo le loro schede e dico: “Bene ragazzi, come posso
complicarvi la vita ora?” E Immagino loro che bucano la quarta parete e mi
dicono: “Mammà, ti aspetti che noi agiamo così, e invece toh, facciamo
l’opposto, e ora sono cavolacci tuoi!”
Cosa
preferisci trasmettere, spensieratezza o un messaggio ben preciso?
Desidero
trasmettere emozioni. Spensieratezza, ma anche ira, passione, gioia, tristezza
e soprattutto il dubbio, la curiosità, la voglia di presentare un diverso punto
di vista sulla storia, sulle leggende, ma anche sulla società. Capire dove
siamo ora in base a come eravamo in passato. Quindi il messaggio c’è ed è di
tolleranza verso la meravigliosa diversità del mondo, ma racchiuso in un guscio
di emozioni e sensazioni.
Una delle
frasi più belle tratte da un tuo libro
Loro temono
ciò che non conoscono e distruggono ciò che temono. E’ la frase che nonno
Draco dice a Cécile ne “La Bestia”, per spiegarle come mai i paesani continuano
a chiamarla “figlia della strega francese” e a trattarla male. Alla fine,
l’interrogativo è sempre uno: chi è la vera bestia? Un lupo che caccia per
mangiare, o l’uomo che uccide per diletto? L’ho trovata una perfetta metafora
dell’istinto umano che è portato come prima reazione a distruggere e solo
secondariamente a capire. Più tardi ancora ad accettare e integrare.
Un libro che
consiglieresti assolutamente da leggere e che non può mancare nella biblioteca
di uno scrittore. Motiva il perché.
Il Nome della
Rosa, di Umberto Eco. E’ una pietra miliare della letteratura storica. Eco in
altri testi risulta davvero ostico nella costruzione dei periodi e nelle scelte
dei vocaboli e dei ritmi, ma in questo romanzo è perfettamente scorrevole e
inanella la storicità con i colpi di scena della trama in maniera magistrale. Allo
stesso modo, a volte appare un poco tracotante nella sua immensa cultura, ma in
questo testo, sebbene si tratti di un lavoro ricco di citazioni e di elementi
dotti, non fa sentire il lettore sminuito per la mancata conoscenza di ciò che
egli cita, ma lo educa e lo accompagna a capire il contenuto dei passaggi più
ostici. Quello che un autore impara da questo romanzo è come dosare il ritmo
narrativo in un thriller con la giusta caratterizzazione dei personaggi che non
risultano mai banali o con motivazioni traballanti, ma sono granitici nella
loro struttura e, per questo, veri e tangibili. Così come sono tangibili le
atmosfere descritte, in cui si possono quasi percepire il freddo umido dell’inverno,
l’odore pergamenaceo e muffoso dei libri o i profumi dell’erboristeria del
monastero. Insegna, infine, a scegliere una trama convincente e solida e a come
far emergere i dettagli delle indagini senza tradirsi o far apparire i classici
espedienti di “deus ex machina”, le forzature di trama (per esempio l’indizio
risolutivo capitato per caso all’investigatore) che salvano una situazione
troppo complessa.
Punti sul
classico libro cartaceo o preferisci gli ebook? Perché?
Cartaceo.
L’e-book è un corollario. Sono feticista della carta stampata, adoro il profumo
della carta e dell’inchiostro che si impregna tra le fibre, adoro tenere in
mano fisicamente il libro e sfogliarlo, percepirne il calore e la consistenza.
Nulla a che vedere con una manciata di byte.
La domanda
più insolita che ti hanno rivolto sui tuoi libri.
“Ma perché non
scrivi…” e terminano la frase con cose diverse, dal giallo al thriller, al
romanzo storico. Ciò che spaventa il pubblico è la dicitura “fantasy” in una
categoria. Come se Fantasy tuttora significasse qualcosa di adatto ai bambini
o, peggio, qualcosa di legato ad ambienti satanici. Nella mia esperienza di
giocatrice di ruolo ne ho viste, sentite e subite tante che ormai non mi
impensieriscono più i giudizi di chi non sa vedere oltre il proprio naso. Però
capisco che questo pregiudizio nei confronti del fantasy in ogni sua
declinazione è ancora radicato nei lettori tanto che la fetta di chi legge un
titolo fantasy è esigua rispetto al resto del panorama. Ho però vissuto tutte
le epoche del Fantasy (un vantaggio di essere del giubilare anno 1975) e ho
visto il periodo dei secchioni che giocavano a D&D in cantina e citavano
Tolkien a memoria, guardando e riguardando Labyrinth o la Storia Infinita, quella
dei nuovi giochi di ruolo degli anni’90, e i primi libri urban fantasy degni di
questo nome scritti dalla Rice. E poi l’avvento dei giochi digitali play by
chat, e tutta la rivoluzione editoriale e cinematografica degli anni dal 2010
in avanti. Ora mi è chiaro che lo sdoganamento del fantasy come genere con una
sua dignità è avviata ed è sulla buona strada, grazie a molti autori e registi
che credono e si impegnano a mantenere alto lo standard del genere. Certo poi
c’è anche Twilight, ma vabbé, qualche scivolone capita a tutti!
Nessun commento:
Posta un commento