Lettori fissi

mercoledì 31 maggio 2023

Recensione per Stranizza di Valerio La Martire

Una lettura che mi ha emozionato, per la seconda volta, visto che avevo già letto il libro nella precedente edizione del 2013, ma che ho riaffrontato, con un certo magone, e che voglio condividere con voi.



Sicilia, estate 1980. Da una radio la musica di Franco Battiato si mischia al frinire delle cicale e allo spumare delle onde tra Scilla e Cariddi. Due ragazzi sono sdraia­ti all'ombra di un pino marittimo in un agrumeto sulle sponde del mare. Il sole sopra di loro, gli aghi di pino sotto la pelle. Ma l'unico movimento è quello del vento.
Stranizza è la storia di due ragazzi che si sono innamorati una mattina di giugno. Che hanno vissuto un'estate insieme e che hanno sognato che una stagione potesse diventare una vita. Ispirata ai fatti reali del delitto di Giarre, una storia che parla d'amore e dell'odio cieco e immotivato che nasce dal pregiudizio.


𝓡𝓔𝓒𝓔𝓝𝓢𝓘𝓞𝓝𝓔


Prima di scrivere questa recensione, mi sono dovuta prendere qualche momento per pensare...
A cosa?
A Nino e Marco.
Può sembrare assurdo, ma il mio pensiero va a loro, immaginandoli felici, mano nella mano, che corrono nei prati, dove hanno trovato finalmente la loro libertà.
Mi chiedo da dove possa iniziare a raccontare questa storia, se ridurla a poche pagine intrise di inchiostro e sangue, oppure se meditare su quanto un incontro fortuito, a volte, è l'inizio di una discesa verso un terreno accidentato nel quale non sai quante buche troverai.
Potrei iniziare a parlare della storia di cronaca a cui è ispirato, ai fatti delittuosi di Giarre, 17 novembre 1980, quando nella campagna silenziosa, nel tardo pomeriggio, furono scoperti i corpi di due giovani della zona, scomparsi da qualche giorno.
Ma i fatti di cronaca, si sa, sono contornati da storie e circostanze emozionali, frasi non dette o sussurrate, interpretazioni, omissioni. E su questa storia ce ne sono state tante.
Quindi voglio concentrarmi sulla parte narrata del libro, a partire dal triste prologo in cui, in due pagine intrise di pathos, l'autore ci narra questo dannato finale.
Ma è tutto lì.
Dal primo capitolo, la storia si snoda davanti al lettore, ricca di profumi, colori, sapori ormai perduti, di un piccolo e polveroso paese, Fochi, dove il ritorno a casa di Marco è fatto di aspettative e ricordi che scavano nell'animo del lettore.
L'amarezza del periodo in carcere, il motivo futile per cui ci è atterrato, la nostalgia della sua vita felice di qualche anno prima, la dura realtà con cui si dovrà confrontare.
Una madre, apparentemente rispettata e rispettabile, bella, piacente, che cerca di conservare davanti agli occhi dei paesani, l'immagine di una donna dall'aspetto senza tempo, ma che al ritorno a casa, nascosta dietro 'gli stipi' crolla miseramente davanti a una bottiglia.
Un padre - non riconosciuto, ma risaputo - che auspicava una vita felice e rispettabile, con una donna al suo fianco, che ha avuto l'ardire di sbagliare i conti con una gravidanza indesiderata, portandolo a diventare lo zimbello delle malelingue e a non ammettere pubblicamente che, quel ragazzo silenzioso e un po' ribelle, sia suo figlio.
Un paese dove il tempo sembra fermarsi, a partire dal nostalgico che ha ricreato in piazza un vecchio bar americano in stile retrò, ai soliti 'noti' che dettano legge in paese con i loro pensieri contorti e omertosi, fatti di cenni, sguardi e silenzi.
I giovani cercano il riscatto attraverso furtarelli, fumate illegali e i primi timidi approcci sessuali, sconsigliati dal parroco locale perché 'farebbero piangere la Madonna'.
E in questo clima abbastanza surreale per il lettore moderno, troviamo l'anima pura di Nino, un giovane quindicenne, che si divide tra l'aiuto al padre che ha un negozio di giocattoli, e le sue corse spensierate tra i campi, le nuotate nel fiume e al mare.
Una vita semplice, fatta di momenti cristallizzati nel tempo, che si interrompe quando gli occhi dei due protagonisti vengono a incrociarsi.

Nino stava legando l'ultimo scatolone, quando il pavimento sotto i suoi piedi sussultò. Si ritrovarono faccia a faccia, Nino chino sui pacchi, Marco inginocchiato con i capelli appiccicati alla fronte e il fiato corto.


Un momento che è tutta una vita: un'emozione unica che si spezza nel momento in cui batti le ciglia e il mondo riprende a vorticare. Uno sguardo e via, ognuno torna alla sua vita.
Una vita fatta di borbottii tra i denti per Marco, viste le voci che girano sul suo conto in paese, etichettato 'arruso' - gay, omosessuale in dialetto siciliano - perché sorpreso dai carabinieri in auto con un altro giovane in palesi atteggiamenti compromettenti. Una vita da cui vuole riscattarsi, viverla in libertà sia nel cuore che nel corpo, cercando di scappare da una realtà stretta di un piccolo paese bigotto, per recarsi a Catania, dove non sentirebbe gli occhi della gente addosso come una condanna.
Fuggire... eppure basta solo uno sguardo per farlo restare e andare incontro, consapevolmente o meno, al suo destino.




Una scrittura semplice quella dell'autore, quanto elaborata, scorrevole eppure così pungente da fartela entrare nell'anima. Non si può restare indifferenti né davanti alla storia reale, né davanti a un amore fatto di dolcezza, semplicità, profondità.
Un dolore autentico, quello in cui si immerge il lettore, una tensione palpabile che rende reale tutto il contesto descritto con particolarità di dettagli.
Non se ne esce vivi da questa storia... Ci si lascia l'anima, il cuore e la ragione.
Sensazioni che restano sulla pelle, che fanno rabbrividire, torcere lo stomaco, rivoltare l'anima, creando una 'palla' in fondo alle viscere che ti fa venire voglia di gridare.
Sì, gridare per l'ingiustizia, per il dolore, per la mancata comprensione su cosa possa scatenare un odio così feroce nell'animo umano, tanto da portare due giovani alla morte.
Ma poi ti ricordi che erano gli anni '80, che tra una gita in motorino e una canzone di Franco Battiato, il mondo dormiva ancora, che certi temi erano nascosti dietro una facciata di 'va tutto bene, l'importante è che la gente non ne parli' e la tristezza ti sommerge.
Eppure, se ti guardi intorno, senti che poco è cambiato in quarant'anni, che ci sarà sempre un Marco o un Nino che soffriranno per le pesanti parole altrui, che esiste nella vita di ognuno un bullo o un bigotto che giudicheranno perché 'è quello che fa la gente'.
Impareremo mai qualcosa?
Non lo so, ma lo spero. Con tutto il cuore.
Per rispetto di vite umane che hanno tutti i diritti di vivere la propria vita e che 'Stranizza' non sia più riferito a due persone che si amano.
Perché, come dice Valerio, 'Che fosse amore, non si disse mai.'
Preparatevi a un'emozione violenta da leggere, ma soprattutto aprite il cuore a questa piccola, bruciante storia d'amore, che scaverà il vostro animo come un punteruolo arroventato.
Grazie Valerio, per questo grande momento letterario.



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